Oggi la Cattedrale presenta una imponente facciata secentesca con timpano a spiovente, e al centro lo stemma del vescovo Francesco Maria Rhini (1676-1696).
Risale al 1625 la cappella di sepoltura dei Canonici, di cui rimane in memoria il pavimento in tarsie marmoree e un’iscrizione dedicatoria, oggi conosciuta come cappella del Redentore.
Si deve al vescovo Trahina la commissione della cappella di San Gerlando, speculare alla cappella di sepoltura dei canonici (oggi le uniche due cappelle presenti) arricchita da decorazioni in marmo realizzate dal milanese Giovanni Giacomo Cirasola nel 1637, e l’urna argentea del santo patrono, commissionata nel 1635 a Michele Ricca, Giancola Viviano e Michele Ferruccio.
All’interno del sacro edificio il gusto barocco si espande in tutta l’area del presbiterio e il secondo tratto di soffitto a cassettoni con al centro l’aquila asburgica, realizzato nel XVII secolo, per volere del vescovo Francesco Gisulfo, su progetto dell’architetto saccense Michele Blasco.
Della fase barocca troviamo le decorazioni in stucco dell’area presbiterale (puttini, festoni, ghirlande, motivi floreali) che presentano un programma decorativo vicino ai Ferraro, noti stuccatori locali unitamente a stuccatori palermitani.
I lavori, iniziati durante il vescovado di Francesco Gisulfo e Osorio, furono completati con Francesco Ramirez, aggiungendo tra le pareti di destra e di sinistra del coro sette quadri dipinti a fresco dal pittore palermitano Vincenzo Bongiovanni, raffiguranti la storia dei vescovi agrigentini. Nel catino absidale è rappresentato il Paradiso, opera dell’abate Michele Blasco di Sciacca (1628-1685).
Nel 1731 il vescovo Gioeni commissiona il rivestimento del pavimento dell’abside centrale con pregevoli marmi mischi, progettato dall’architetto licatese Angelo Italia, e realizzato dai mastri marmorari di Catania Tommaso Amato e Francesco Battaglia.
Lungo la navata settentrionale, un susseguirsi di monumenti sepolcrali dei vescovi di Agrigento dal XVII al XIX secolo. Dietro l’altare maggiore si trova l’organo a canne fatto costruire da Monsignor Peruzzo, con il riuso delle canne dei due organi barocchi della Cattedrale e le parti decorative di una delle due cantorie smembrate nei primi del Novecento.