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Nel 480 avanti Cristo, a pochi passi dall’attuale Cattedrale di Agrigento, sorgeva
maestoso un tempio dedicato a Zeus Atabyrios individuato dallo storico greco Polibio.
Poco più in basso rispetto a quello di Zeus, si ergeva un tempio più piccolo, probabilmente
dedicato alla dea Athena.
Successivamente con l’alternarsi dei secoli e dei popoli che abitarono quel territorio, del
tempio più grande si persero le tracce.
La base del tempio più piccolo è possibile vederla ancora oggi. Questo perché durante il
periodo bizantino-arabo, a cavallo tra il 500 e l’ottocento dopo Cristo, sulle rovine del
tempio di Athena, fu edificata una chiesa bizantina, l’attuale Santa Maria dei Greci.
Per le caratteristiche costruttive può essere riconducibile ai templi realizzati dopo la
battaglia di Himera nel 480 a.C. per celebrare la vittoria sui cartaginesi da parte delle città
greche Akragas, Siracusa, Himera e Gela.
L’attuale destinazione sacra dell’area è uno straordinario esempio di continuità dei luoghi
di culto dal mondo antico fino ad oggi: quello che resta dell’antico tempio greco è oggi
visibile nelle fondamenta della Chiesa e dal corridoio di fianco al muro perimetrale, dove si
possono vedere gli antichi gradoni e il basamento (crepidoma) su cui poggiano le porzioni
inferiori di sei colonne scanalate.
La conversione dell’edificio classico in chiesa cristiana si pensa sia avvenuta in epoca
bizantina, dedicando alla Vergine Maria il tempio pagano originariamente intitolato alla dea
Atena, così come sancito dal Concilio di Efeso del 431 d.C., in linea coi decreti degli
imperatori bizantini Teodosio II e Valentiniano III nel 435 d.C..
Grazie a questo decreto, con la consacrazione da parte del vescovo Gregorio II, il
cosiddetto Tempio della Concordia nella valle dei templi, è arrivato ai nostri giorni intatto
nella struttura poiché è stato usato come Basilica dedicata ai Santi e Pietro Paolo fino alla
fine del 1700.
L’impianto attuale della Chiesa di Santa Maria dei Greci risale al XIII secolo, mentre il
portale a sesto acuto della facciata è databile al XIV-XV secolo, sovrapposto a un portale
precedente.
La più antica pergamena della Diocesi di Agrigento ci dà notizia che nel 1092, il vescovo
Gerlando, chiamato dal conte Ruggero a evangelizzare il territorio di Agrigento, mentre
era in costruzione la Cattedrale, celebrava nella Chiesa di Santa Maria dei Greci.

La chiesetta nel periodo normanno-svevo doveva avere una dimensione più ridotta
dell’attuale, a pianta centrale con cupola.
L’esterno, completamente trasformato con i restauri dei primi del Novecento, doveva
presentare un paramento in pietra, con intagli di arcate cieche e ghiere per le finestre, così
come appare dalle foto storiche.
La pianta doveva rientrare in perfetto sistema geometrico del quinconce (la dimensione
astratta del cerchio, che incontra la forma perfetta e infinita; con il quadrato razionale e
misurabile)con elementi bizantini e arabi fusi e divulgati dalla politica inclusiva e integrativa
dei Normanni.
Sin dal Duecento Agrigento fu tappa di pellegrini e soldati in viaggio verso la Terrasanta.
Se ne trova testimonianze nelle tracce di un antico chiostro attiguo alla chiesa presente
fino al Seicento, nelle medagliette votive ritrovate nella cripta, nonché nell’incisione della
“triplice cinta”, ovvero tre quadrati concentrici tagliati da due linee ortogonali: questo
simbolo mistico rappresenta l’orientamento dell’uomo nello spazio e nell’ambito vitale,
l’opposizione della terra al cielo, ma può rappresentare anche l’universo creato. Il simbolo
è ancora oggi visibile nell’abside nel parte interna del muro destro inciso sulla pietra.

Nel Trecento viene fondata la Confraternita di Santa Maria dei Greci, un’associazione laica
nata a supporto dei bisogni della comunità: tale presenza ha giustificato nel Seicento la
creazione della cripta visibile sotto il piano di calpestio, dove venivano seppelliti i corpi dei
membri della confraternita.
Altre trasformazioni furono realizzate nel Quattrocento, sotto la nobile famiglia catalana dei
Pujades, il cui stemma è posto sulla chiave di volta del portale d’ingresso della chiesa:
viene costruito l’imponente soffitto ligneo con immagini sacre di santi e sante, stemmi
nobiliari, scene di vita ordinaria e vasi con frasche, e realizzato il grande affresco nella
navata destra con episodi della vita della Vergine, incorniciati dai rami di un eccezionale
albero genealogico: esso ha origine dall’anziano Jesse, padre del re David e capostipite
della stirpe da cui discende Gesù di Nazareth, raffigurato al centro dell’affresco.
Nel Seicento la Chiesa viene riconfigurata nelle forme barocche e impreziosita di materiali
preziosi come il marmo. A questo periodo risale il presente monumento sepolcrale di un
ragazzo appartenente alla famiglia Termini e Caputo, benefattori della Confraternita per
sostenere l’educazioni di giovani orfane.
Nel 1726 vengono realizzate altre trasformazioni: tre piccole cupole e altri elementi
architettonici aggiunti con l’uso prezioso dello stucco, tanto che la chiesa appariva
trasformata, sia all’interno che all’esterno, cosi come ci appare dal disegno di Raffaello
Politi del 1826.
Lo stato attuale si deve agli scavi e al restauro del 2005 che ha permesso di portare a
vista tutto il basamento del tempio e la cripta.